I comuni dei Sibillini: Castelsantangelo sul Nera (MC)

Castelsantangelo Sul Nera

ATTENZIONE: Il 24 agosto 2016 Castelsantangelo sul Nera ed i comuni dell’area al confine fra Lazio, Umbria e Marche sono stati colpiti da un violento terremoto che ha arrecato gravissimi danni ai centri abitati, con morti e feriti in seguito ai crolli. La descrizione qui riportata purtroppo non corrisponde quindi alla realtà attuale dei centri nominati, alcuni dei quali sono stati praticamente rasi al suolo dal sisma.

Castelsantangelo sul Nera, ( Castello, in dialetto maceratese ) è un comune italiano di 269 abitanti della provincia di Macerata nelle Marche. Nel suo territorio si trovano le sorgenti del fiume Nera e l’inizio della Valnerina.

La zona è interessata da ritrovamenti preistorici probabilmente perché ricca di acque: difatti nei suoi pressi sono situate le sorgenti del fiume Nera e lo stabilimento di imbottigliamento delle acque minerali. Il nome della cittadina e del suo protettore, San Michele Arcangelo, insieme a quelli di alcune località circostanti, inducono a pensare ad una possibile derivazione longobarda del sito, seppure non manchino ipotesi di una diversa attribuzione del nome in epoca successiva.

Si sa per certo che nel medioevo dipendeva dal castello di Norcia fino al 1255 quando, insieme alla stessa Norcia, venne inglobato tra le Guaite di Visso. Solo nel 1522 Castelsantangelo si liberò definitivamente del “protettorato” di Norcia, quando quest’ultima venne battuta dai vissani e dagli stessi soldati di Castelsantangelo, nella battaglia del Pian Perduto. Di quel periodo si conservano le mura e l’impianto urbanistico del XV secolo. Frazione di Visso fino al 1913, in quell’anno è stato costituito il Comune autonomo.

Monumenti e luoghi d’interesse

Nel paese sono presenti quattro : la Chiesa di Santo Spirito, la Chiesa di San Sebastiano, la Chiesa di San Martino dei Gualdesi e la Chiesa di Santo Stefano. È interessante anche il Monastero San Liberatore.

Un’altra attrazione turistica vicino Castelsantangelo sul Nera è la stazione sciistica di Monte Prata (1850 m), costituita da una seggiovia biposto “Valle dell’Angelo-Monte Prata”, da uno skilift a fune alta “Monte Prata 2 bis” e da un tapis roulant “Campo scuola”. Lo ski-lift serve una pista rossa (media), la pista “Panoramica”, servita anche dalla seggiovia. La seggiovia serve una pista nera (difficile), il “Canalone di Monte Prata e della Valle dell’Angelo”. Mentre il tapis roulant serve una pista blu (facile).

Cascate del Pisciatore

Passeggiata facile anche se in salita, con meta finale una bella cascata la cui frescura è particolarmente gradita in estate. Circa un ora di strada, partendo dalla sorgente del Nera.

I comuni dei Sibillini: Bolognola (MC)

Bolognola

Territorio

È il comune più alto delle Marche. Si trova al centro del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che nel 2006 l’ha scelta come sede per il reinserimento in natura del camoscio appeninico. Sorge nei pressi del letto del fiume Fiastrone, del quale ospita le sorgenti. La cima più alta nel suo territorio è il Monte Rotondo, sotto la vetta del quale si apre l’inaccessibile forra dell’Acquasanta, con l’omonima e splendida cascata naturale. È principalmente un centro turistico, estivo (con le numerose escursioni possibili nel suo territorio) e invernale (grazie agli impianti scioviari, ristrutturati tra il 2005 e il 2006). Il centro abitato è costituito da tre nuclei risalenti al medioevo: Villa da Capo (o Villa Malvezzi) a sud, Villa di Mezzo (o Villa Pepoli) e Villa da Piedi (o Villa Bentivoglio) a nord. A quota 1331 metri s.m.l e a circa 3km dal centro del paese, è situata l’unica frazione di Pintura, nata come centro turistico e sviluppatasi attorno agli impianti sciistici.

Stupendi panorami e bellissime passeggiate, durante l’estate Bolognola è una delle più ambite mete turistiche, luogo da dove partono numerosi sentieri e percorsi, d’inverno, invece, il territorio è perfetto per l’interesse degli sciatori. La cima più alta presente nel suo territorio è Monte Rotondo, sotto la sua vetta c’è la tradizionale passeggiata della forra dell’Acquasanta.

Secondo la leggenda Bolognola fu fondata nel XIV Secolo da nobili provenienti da Bologna (da cui deriverebbe il nome) mentre secondo le fonti storiche sembra che un nucleo di abitanti fosse già presente prima del Duecento. Il nome potrebbe derivare dal latino Bononia (terra di buone cose).

Bolognola però divenne molto famosa, è ancora ben scalfito nell’immaginario collettivo, per i terremoti del 1930 e nel 1934 che rasero completamente al suolo quasi completamente la cittadina.

Nell’Alta Valle del Fiastrone, sovrastata dai Monti Sibillini, è adagiata Bolognola e a 3 km la sua frazione e stazione sciistica Pintura di Bolognola. Quattro skilift, una manovia ed un tapis roulant servono piste di varia difficoltà.

Aree naturali

  • Forcella del Fargno. Superbo punto panoramico. Situata a quota 1811 s.m.l, tra il Monte Rotondo e il Pizzo Tre Vescovi, ospita un rifugio aperto solo nei mesi estivi, punto di partenza e ristoro per escursionisti. Raggiungibile tramite strada carrozzabile da Pintura, così come dai comuni di Ussita e Fiastra . Divide la Val di Panico (a ovest) dalla selvaggia Vallata del Fargno (a est). È il più elevato passo carrozzabile delle Marche aperto al pubblico. Non è transitabile, causa neve, nei mesi invernali.

  • Cascata dell’Acquasanta. Splendida cascata naturale incastonata tra Monte Bambucerta e Monte Rotondo, raggiungibile a piedi in circa un’ora e mezza dal centro abitato. L’origine del nome è andata perduta.
  • Fonte dell’Aquila. Caratteristica fonte a trocche, situata alle pendici di Monte Sassotetto, raggiungibile solo a piedi, a circa un’ora di cammino dal centro del paese. Il nome testimonia la continuità della presenza, fin dai secoli scorsi, del rapace su queste montagne.
  • Grotta dell’Orso- Ce ne sono addirittura due: una nei pressi della Cascata dell’Acquasanta e l’altra nella Vallata del Fargno, sulla Costa delle Vetiche. Entrambe non segnalate, e quindi raggiungibili solo con l’aiuto di una guida.
  • Macchiatonda: pittoresca faggeta di forma circolare situata nella sua unica frazione Pintura.
Piste Sci sul Castelmanardo e Porte di Berro
Cosa vedere a Bolognola

Chiesa di San Michele Arcangelo

E’ la chiesa principale, quanto ad importanza, del piccolo paesino di montagna. Non ha uno stile architettonico particolare, ma ciò è dovuto al suo rifacimento dopo il terremoto e la slavina successiva che colpirono Bolognola negli anni ’30 del Novecento. All’interno, però, sono conservate due opere d’arte stupendi: l’affresco che raffigura la Crocifissione e una tavola di Giulio Vergari di Amandola risalente al 1519,la Madonna del Rosario nelle Marche.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

Questa chiesa si trova nella zona di Villa da Capo è una delle più interessanti del comune di Bolognola. Risale al 1630 o perlomeno così è testimoniato da alcune fonti. Di uno stile architettonico molto pregevole ancora più fantastici sono i suoi interni dove potete trovare un dipinto del pittore Luigi Spazza risalente al 1824, varie decorazioni, statue in stucco ed un organo che fu acquistato prima del 1850.

Palazzo Primavera

Si trova a Villa da Piedi ed è uno degli edifici più antichi non religiosi del paese. Stando alle fonti risale al XVI secolo anche se numerose sono state le ristrutturazioni di questo edificio ed in vari anni. Ciò testimonia anche le differenze negli stili. All’interno troverete la storia dei Primavera famiglia che era fortemente legata a varie attività commerciali in particolare al lavoro della lana. Nelle stanze interne troverete beni ed affreschi di enorme valore.

Palazzo Maurizi

Palazzo Maurizi si trova a Villa di Sopra è la sede del comune ed è diviso in tre piani. All’interno troverete delle bellissime decorazioni in tutto il palazzo e le varie sale: delle Sfingi (da dove si accede), sala della Creazione, sala di Giove, sala delle Meduse, sala Azzurra, sala di Diana e la sala di Abramo. Per il suo stile sembra risalire alla pittura pompeiana del II e IV secolo.

 

I Comuni dei Sibillini: Arquata del Tronto (AP)

Arquata del Tronto prima del sisma del 2016

ATTENZIONE: Il 24 agosto 2016 Arquata del Tronto ed i comuni dell’area al confine fra Lazio, Umbria e Marche sono stati colpiti da un violento terremoto che ha arrecato gravissimi danni ai centri abitati, con morti e feriti in seguito ai crolli. La descrizione qui riportata purtroppo non corrisponde quindi alla realtà attuale dei centri nominati, alcuni dei quali sono stati praticamente rasi al suolo dal sisma.

Da sapere

Il paese è noto soprattutto per la presenza della rocca medioevale che veglia e sovrasta il suo centro abitato. Deriva il suo toponimo Arquata dalla parola latina arx, arcis che significa insediamento fortificato, altura fortificata o rocca, cui si aggiunge del Tronto, per l’omonimo fiume che scorre nel suo territorio. Il paese ha assunto ufficialmente questa denominazione nel 1862, anno successivo alla nascita del Regno d’Italia.

Il comune conta 12 frazioni, quasi tutte costruite arroccate sulle cime dei rilievi per sfruttare la naturale difendibilità che offrono le alture. In ognuna di esse si trovano custodite interessanti e pregevoli testimonianze storico-artistiche che consentono un ideale viaggio nel tempo e attraversano i secoli partendo dall’epoca romana con il cippo miliare di Trisungo del 16 a.C. e giungono fino al XX secolo con la ricostruzione, in stile lombardo, della chiesa di San Salvatore a Borgo. Le opere sono legate alla committenza di privati o al passaggio di artisti come Cola dell’Amatrice, Panfilo da Spoleto, Bernardino Campilio da Spoleto, Pietro Grill da Göttweih detto l’Alemanno, Sebastiano Aquilano, Dionisio Cappelli o al lavoro di ignoti lapicidi che hanno scalpellato, sugli architravi delle porte e delle finestre, bassorilievi con stemmi, angeli in volo, date e simboli per indicare le specifiche attività delle botteghe. Maestri di pittura delle scuole umbro-spoletina e umbro-marchigiana, sconosciuti affrescatori, con i loro dipinti, hanno arricchito e ingentilito con vivaci cromie gli interni delle chiese. Hanno rappresentato immagini sacre, volti dolcissimi incorniciati da ricchi panneggi, ali di angeli e illustrato miracoli avvenuti tra queste montagne come a Capodacqua e Pescara del Tronto. San Bernardino da Siena, qui arrivato nel XV secolo, diffuse la sigla medioevale IHS, grafema del nome di Gesù, ancora presente sui soprassogli ornati di chiese e private dimore. Vi sono oggetti sacri e liturgici, come la copia della Sacra Sindone e le croci astili di Vezzano e Pescara del Tronto finemente sbalzate. Frammenti e memorie di battaglie riportati in terra patria. Nella chiesa parrocchiale di Spelonga è conservato lo stendardo turco strappato agli infedeli durante lo scontro di Lepanto e a Pescara del Tronto c’è la piccola reliquia che vi arrivò dalle Crociate per mano di un ignoto abitante e che ha dato vita, nome e dedicazione alla chiesa del paese.

Arquata è stata ricordata nelle cronache del viaggio di Carlo Magno, primo imperatore del Sacro Romano Impero, quando questi vi passò per recarsi a Roma per l’incoronazione. Ancora nel 1215, quando san Francesco d’Assisi visitò il borgo durante la sua missione di apostolato e nel 1849, nei racconti dello storico fermano Candido Augusto Vecchi, amico personale dell’eroe dei due mondi, che seguì Giuseppe Garibaldi nel suo viaggio alla volta di Roma. Il generale si fermò e pernottò nel paese presso casa Ambrosi, proveniente da Ascoli, prima di riprendere il suo cammino.

Il regista Pietro Germi, sul finire degli anni sessanta, scelse queste montagne e questi paesi come scenografia per ambientare e girare il film Serafino con Celentano e Ottavia Piccolo.

Cenni geografici

Il territorio dell’arquatano si estende nella zona dell’Alta Valle del Tronto, all’interno dei due parchi nazionali del Gran Sasso e Monti della Laga, a sud, e dei Monti Sibillini a nord. Confina con i comuni di: Accumoli (RI), Acquasanta Terme, Montegallo, Montemonaco, Norcia (PG), Valle Castellana (TE) e le regioni di: Lazio (provincia di Rieti), Umbria (provincia di Perugia) e Abruzzo (provincia di Teramo). L’intera zona è attraversata dalla Strada statale 4 Salaria che dalle sue diramazioni consente un agevole collegamento con i paesi dell’entroterra marchigiano e delle città di: Norcia, L’ Aquila e Roma.

L’intera area ha caratteristiche prevalentemente montuose. Tra aspri pendii si avvicendano fitti boschi di conifere a spazi pascolivi e pareti rocciose. Dalla cima del monte Vettore (2.478 s.l.m.) si scorgono il mare Adriatico, il monte Terminillo ed i massicci: dei Sibillini e del Gran Sasso d’Italia.

Il centro urbano si eleva addossato a cavallo dell’altura a sinistra del corso del fiume Tronto. Il paese dista circa 30 km da Ascoli Piceno e 30 km da Norcia.

 

Arquata del Tronto dopo il sisma del 2016

Frazioni di Arquata del Tronto

  • Borgo di Arquata— È la frazione più vicina al capoluogo. Da sempre legata alle sorti e alla storia arquatana è stata un insediamento dedito al commercio. Tra i suoi luoghi d’interessse vi sono la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, la chiesa di San Salvatore con annesso Hospitale di Santo Spirito e la chiesa ed il convento di San Francesco.
  • Camartina — Piccolo centro abitato 706 m s.l.m. Il paese si trova lungo il Fosso Camartina ed ha al suo interno la chiesa dedicata a sant’Emidio.
  • Capodacqua — È una frazione situata verso il lembo estremo della regione Marche al confine con Lazio ed Umbria. Di particolare interesse vi è l’Oratorio della Madonna del Sole. Un piccolo edificio a pianta ottagonale, costruito nel 1528, attribuito a Cola dell’Amatrice, è dedicato alla alla Madonna patrona del borgo. L’interno è riccamente affrescato con dipinti del Cinquecento. Il più interessante è “L’Assunzione della Beata Vergine” di stile rinascimentale. La facciata è decorata con iscrizioni, bassorilievi, un rosone ed il cristogramma IHS. Il campanile a vela ospita una sola campana risalente al 1558.
  • Colle di Arquata — Frazione tra le più popolose del comune. Conserva nel suo tessuto urbano molte abitazioni in pietra ed è nota per la produzione di carbone vegetale da combustione. Nel paese vi è la chiesa di San Silvestro.
  • Faete – Piccolo borgo costruito all’interno di un bosco di faggi sull’altura che fronteggia Arquata. Dalla sua posizione gode di un bel panorama sul capoluogo e sulla rocca medioevale. Poco fuori dal paese si trova la chiesa della Madonna della Neve.
  • Pescara del Tronto — Si trova a 4 km dal capoluogo sulla la SP129. Il paese è noto per le sorgenti che hanno dato vita al suo acquedotto. Nella chiesa locale è conservata la croce astile in rame lavorata a sbalzo catalogata tra le più antiche della regione Marche.
  • Piedilama — Frazione che si trova poco prima del paese di Pretare salendo a Forca di Presta.
  • Pretare — Alle falde del monte Vettore ed è famoso per la leggenda delle fate. Poco distanti dal centro del paese, salendo verso il valico si trovano i resti di un’antica fornace.
  • Spelonga — Il centro abitato ha ancora oggi molte le abitazioni in pietra, spesso dotate di scale esterne e graziose loggette. Sovente si vedono architravi di porte con bassorilievi dell’immagine di un angelo in volo.
  • Trisungo — Il paese è identificato come la Statio di Ad Centesimum della Tavola Peutingeriana. Al suo interno si trovano: un antico ponte, un cippo miliare dell’età augustea e la chiesa di Santa Maria delle Grazie.
  • Tufo — Piccolo borgo poco popolato, identificato come la Statio “Ad Martis” della Tavola Peuntigeriana.
  • Vezzano La frazione che si colloca fra i paesi di Arquata e di Pescara del Tronto. Conserva molte abitazioni in pietra.

Cosa Vedere

Rocca di Arquata – La rocca è una possente architettura militare fortificata di epoca medioevale, realizzata in pietra arenacea. Si eleva isolata nella zona a nord del centro urbano di Arquata e con le sue torri domina e vigila sull’alta Valle del Tronto e sulla Salaria. Fu eretta come caposaldo preposto al controllo del territorio, con funzioni tattiche e difensive. La costruzione del presidio ebbe inizio tra l’XI e il XII secolo e si protrasse fino al XV al fine di migliorare, incrementare e potenziare le sue capacità di difesa. Al primitivo insediamento, costituito dal torrione a pianta esagonale, furono aggiunti: la torre del mastio a base quadrata, esposta a nord, tra il XIV ed il XV secolo, e il torrione a base circolare del lato sud-ovest, di cui restano le mura di fondazione. Il recinto murario garantiva sicurezza agli abitanti del paese quando si rifugiavano al suo interno. Questa fortezza è conosciuta anche con il nome di Castello della Regina Giovanna per la leggenda che la lega alla figura della sovrana che ne fece la sua residenza negli anni compresi tra il 1420 ed il 1435. In quel tempo la rocca si trovava sotto la dominazione del Regno di Napoli e la regina fu probabilmente Giovanna II di Napoli, della dinastia d’Angiò. Secondo la tradizione amava invitare nella sua stanza i giovani pastori della valle e con questi si intratteneva e giaceva durante la notte e, se insoddisfatta, li faceva appendere alla torre, sentenziando la loro fine. Secondo la tradizione, il fantasma della nobile ospite si aggira ancora oggi nella fortezza.

Porta Sant’Agata – È l’unica porta medioevale sopravvissuta fino ai nostri giorni. Nelle sue vicinanze si osservano ancora oggi i resti delle mura che circondavano il borgo. Ben conservata, si compone di conci irregolari di pietra arenaria. I due stabili, di semplice architettura, si elevano con altezze diverse. Nell’arco a tutto sesto della costruzione più bassa, dove si trovava incardinato il portone, si evidenziano due stemmi del XVI secolo. Uno rappresenta il simbolo della famiglia nursina dei Quarantotto e ha la forma di uno scudo con «il bassorilievo di un’aquila fissante un sole movente dal cantone sinistro dello scudo stesso.» L’altro mostra scolpito «un cassero merlato alla ghibellina, con torre centrale ed un sinistrocherio che esce dalla base della torre ed impugna una spada alta in palo». Probabile stemma della famiglia Passerini di Norcia.

Chiesa della Santissima Annunziata – Sede della parrocchia arquatana, si trova lungo la via che conduce alla fortezza. Il suo semplice ed essenziale stile architettonico è decorato da un importante portale di pietra arenaria scolpito. L’interno si compone in un unico ambiente, adorno di altari lignei, una cantoria, la tela dell’Annunciazione del XVI, opera di particolare pregio, collocata sulla parete di fondo e il Crocifisso ligneo policromo.

Crocifisso Ligneo Policromo del XIII secolo – L’arredo storico di maggiore pregio della chiesa della Santissima Annunziata è il Crocifisso ligneo policromo risalente della seconda metà del XIII secolo. Poggiato sopra su un capitello, è noto per essere considerato la statua sacra più antica delle regione Marche.

Sindone di Arquata del Tronto – (presso la Chiesa di San Francesco di Borgo d’Arquata). La Sindone di Arquata, permanentemente esposta nella sua teca di protezione, si trova all’interno dell’aula liturgica della chiesa di San Francesco. Si tratta di una fedele riproduzione del sacro lino, un: «EXTRACTVM AB ORIGINALI», (ossia estratto dall’originale), che è stato accostato con la reliquia torinese nel 1655 e nel 1931. È stata ritrovata nel XVII secolo durante l’esecuzione di lavori di restauro della chiesa, custodita in un’urna, nascosta nel retro della nicchia di un altare. È corredata da un certificato di autenticazione sottoscritto da Guglielmo Sanza, cancelliere vescovile, e Paolo Brizio, vescovo e conte della città piemontese di Alba. Probabilmente lo Stato Pontificio scelse di affidare questa copia ai frati francescani che vivevano in questo luogo remoto per conservare una sorta di “copia di sicurezza” dell’altra che al tempo era in possesso di Casa Savoia. Poche sono state le sue ostensioni in passato, l’ultima volta al tempo della seconda guerra mondiale.

Fonte: Wikipedia

I Monti Sibillini: Monte Torrone

Cresta del Monte Torrone

Il monte Torrone, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini,  raggiunge i 2217 metri sul livello del  mare. E’ il monte meno appariscente del Gruppo. Visto da oriente si ha difficoltà anche a capire qual’è visto che si tratta di una lieve altura posta lungo una cresta. Visto dalla valle del lago di Pilato è più appariscente ma una volta sopra scompare proprio, lo si oltrepassa senza neanche accorgersene. Detto questo la cresta che porta il suo nome è tra le più belle, se non la più bella, del gruppo dei Sibillini. Lunga, aerea, panoramica, può essere salita partendo da tre località, Foce di Montemonaco, Altino e Colle di Montegallo. A prescindere dalla località scelta come partenza ci saranno sempre due costanti: grande dislivello e grande sviluppo.

L’escursione non presenta grandi difficoltà ma un tratto di cresta è molto esposto ed a picco su ripidi prati erbosi, è richiesto quindi ottimo equilibrio e comunque è un itinerario riservato ad escursionisti esperti. Lungo il percorso si incontra una sola fontana ed è bene avere una notevole scorta d’acqua. Il sentiero è quasi sempre ben visibile anche se nei tratti rocciosi della cresta e nella zona sopra la fonte del Pastore si confonde e non è sempre marcato. Segnato con bolli bianco-rossi fino alla sella sotto il monte Banditello non presenta segnaletica lungo tutto il crinale ma sbagliarsi qui è quasi impossibile.

Fonte: auaa.it

I comuni dei Sibillini: Amandola (FM)

Amandola

Amandola è un comune della provincia di Fermo situato nell’Appennino marchigiano a 500 mt. s.l.m. all’interno del territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Il paese deve il suo nome alla pianta del mandorlo che un tempo doveva primeggiare nella zona.

Amandola rappresenta uno dei più importanti centri storico-culturali dei Monti Sibillini. E’ caratterizzato inoltre da un patrimonio ambientale e paesaggistico di grande valenza per la molteplicità dei paesaggi presenti: le montagne aspre e selvagge, le valli disegnate dai fiumi, i piccoli borghi ben incastonati sono elementi che lo rendono straordinario.

Il territorio, prevalentemente collinare e adagiato alle pendici del Monte Amandola alto 1.706 mt. con lo sfondo di Monte Castel Manardo che raggiunge un’altezza massimo di 1.916 mt., è ricco di straordinarie bellezze artistiche e paesaggistiche. Alte creste aspre e selvagge si alternano a valli che si sono formate nei secoli grazie all’erosione dei fiumi ed a piccoli borghi abitati incastonati e ben inseriti nel contesto paesaggistico.

L’altitudine delle frazioni varia sensibilmente dal collinare abitato di San Ruffino a 360 mt. s.l.m. fino a salire verso la punta più alta a Garulla Superiore a 880 mt. s.l.m. Qui il contatto con la natura è costante, aria pura, ruscelli e torrenti dalle acque fresche e cristalline che scendono a valle, pascoli che si alternano ad appezzamenti destinati alle coltivazioni. Fin dall’antichità le principali fonti di sostentamento della popolazione erano date dall’artigianato, dall’agricoltura, dalla pastorizia ma soprattutto dal settore tessile in particolar modo con il commercio della lana e dei tessuti. L’agricoltura e la pastorizia, unitamente alla lavorazione del legno ed al restauro dei mobili antichi, sono attività che tutt’oggi vengono ancora praticate e che contribuiscono a far sì che il territorio continui a “vivere”.

Il clima è tipico di collina, con inverni non troppo rigidi e precipitazioni nevose che solo in alcuni periodi possono essere abbondanti ed estati calde ma non eccessivamente afose vista la vicinanza alle montagne e l’influenza che esse hanno. Il verde rigoglioso della primavera e dell’estate che si alterna ai caldi colori dell’autunno per passare poi al soffice manto nevoso dell’inverno regalano paesaggi e scorci di rara bellezza che donano forti emozioni e offrono la possibilità di trascorrere delle giornate all’insegna del relax e della tranquillità.

Amandola – Piazza Risorgimento

Amandola offre la possibilità di praticare passeggiate, nordic walking ed escursioni sia impegnative che non sui sentieri e nei boschi dei Monti Sibillini per scoprire le bellezze artistiche e paesaggistiche del territorio. Percorsi completamente immersi nella natura e nella quiete più assoluta che possono essere effettuati a piedi, a cavallo, con gli asinelli, in mountain bike o con le ciaspole durante la stagione invernale.

Il territorio di Amandola è attraversato da una delle tappe del Grande Anello dei Sibillini, un tragitto che si articola su 120 km e che, in 9 giorni di cammino, abbraccia l’intero comprensorio dei Monti Sibillini ricco di specie arboree e floristiche.

Amandola ed il suo territorio negli anni si sono sempre più distinti quale centro turistico montano ricco di una capacità ricettiva e dotata di impianti ricreativi e sportivi che renderanno piacevole il vostro soggiorno.

Il pregiato e rinomato tartufo bianco è una delle principali e caratteristiche risorse del territorio che nei boschi è possibile trovare e che viene festeggiato ogni anno con la tradizionale sagra “Diamanti in tavola” che si svolge nel mese di Novembre. La penultima domenica di Agosto invece si svolge la “Processione delle Canestrelle” in onore del patrono Beato Antonio.

Numerose sono anche le chiese e le abbazie disseminate un po’ ovunque sul suo territorio e tra tutte segnaliamo per la sua importanza religiosa l’Abbazia dei Santi Vitale e Ruffino, meta ogni anno di migliaia di visitatori soprattutto durante l’omonima Fiera che si tiene il 19 di Agosto.

Dal punto di vista culinario qui si potranno gustare i veri sapori della tradizione locale. La vasta gamma di prodotti che il territorio offre, permette di preparare prelibati piatti ed effettuare uno splendido viaggio culinario dove il re indiscusso di tutte le preparazioni è il tartufo.

Cosa Vedere

  • Chiesa di San Francesco.
  • Chiesa del Beato Antonio. Contenente il corpo del defunto.
  • Teatro la Fenice
  • Museo Antropogeografico
  • Le 5 fonti.
  • Teatro Rococò.
  • Abbazia di San Ruffino e Vitale.
  • Convento dei Cappuccini.
  • Torrioni medievali. Alcuni di essi restaurati, altri autentici.
  • Piazza Umberto I
  • Lago di San Ruffino.
  • Sala Consiliare.
  • Resti Torrioni
  • Chiesa Taccarelli.
  • Chiesa Santa Maria a Piè d’Agello.
  • Chiesa Santa Trinità.
  • Monumento ai caduti
  • Monumento agli alpini.
  • San Bernardino.
  • Affreschi chiostro San Francesco.
  • Crocifisso chiesa San Francesco.
  • Case Torri. Tipiche costruzioni del 1100.
  • Torrione del podestà.
  • Teatro La Collegiata
  • Chiesa San Bernardino.
  • Piazza Risorgimento

Abitanti: Amandolesi

Patrono: Beato Antonio Migliorati da Amandola (25 Gennaio)

Festa della Befana (che scendono in piazza) ad Amandola: 6 Gennaio

Carnevale “de li Paniccià” ad Amandola: la domenica antecedente il martedì grasso

Sagra ad Amandola: Sagra della Fregnaccia (metà di Luglio)

Sagra a Garulla: Festa della Madonna della Pace (1° domenica di Agosto)

Sagra a San Ruffino: Fiera dei Santi Vitale e Ruffino il 19 di Agosto

Sagra ad Amandola: Processione delle Canestrelle penultima domenica di Agosto

Festa del Patrono ad Amandola: ultima domenica di Agosto

Festival ad Amandola: Festival Internazionale di teatro e musica: 1° settimana di Settembre

Sagra a Rustici: Festa di “Santa Maria della Meta” a Settembre (vedere se c’è ancora e la mettiamo se facciamo rustici)

Sagra ad Amandola: “Diamanti a tavola” – Festa del tartufo bianco (1° fine settimana di Novembre)

Prodotti Locali: Tartufi bianchi e neri, Patate, Ciauscolo, Porchetta, Pancetta, Lo ‘Ngriccio (minestra di patate e legumi vari), Coppa Maritata (fetta di pane fritta e mangiata calda), Fregnaccia, (pasta sfoglia condita con vari tipi di condimenti ed arrotolata), Vincisgrassi, Crispella, Cicerchiata, Calcione, Vino Cotto, Mistrà.

Funghi Porcini, Funghi Prataioli, Funghi Russole. Fagioli, Olive all’ascolana, Caciotte, Pecorino, Mostaccioli (dolci tipici), Salumi, Cacciagione, Cinghiale, Agnello, Cucciole (Lumache) Trota

Fonte: wikivoyage.org

I comuni dei Sibillini : Acquacanina (MC)

Acquacanina

Il territorio di Acquacanina si estende su un territorio prevalentemente montuoso, a 734 metri sul livello del mare sui Monti Sibillini e caratterizzato da paesaggi naturali monumentali. Il territorio si affaccia per un tratto di arenile sul Lago di Fiastra.

 

 

Da vedere

Architetture Religiose

Abbazia di San Salvatore a Rio Sacro di Meriggio: la chiesa parrocchiale di Rio Sacro fondata dai benedettini nell’anno 1000 e recentemente restaurata, ha all’interno notevoli opere d’arte tra cui un gruppo in legno con la Madonna di Rio Sacro e il Bambino (XVI secolo ), una piccola tela (Madonna del Suffragio) di Carlo Maratta, una tavola del XVI secolo ed un affresco (Martirio di San Sebastiano) attribuito a Girolamo di Giovanni.

Lago di Fiastra

Da visitare anche i ruderi di un castello costruito dalla famiglia Da Varano nel XIV secolo in località Vallecanto, con all’interno la coeva chiesetta di Santa Margherita ornata all’interno da due affreschi di Girolamo di Giovanni, la chiesa della Madonna del Vallone, in località Campicino, con il campanile curiosamente posto a considerevole distanza per ragioni acustiche, all’interno monumentali altari barocchi ed una tela Deposizione, di scuola romana caravaggesca del XVII secolo, ed una mostra permanente sui Monti Sibillini.

La chiesa parrocchiale di Rio Sacro San Salvatore non esiste più o quanto meno esistono i ruderi, e non era una chiesa parrocchiale bensì un’abbazia. Adesso esiste l’abbazia di Santa Maria di Rio Sacro che sorge a qualche chilometro dalla vecchia abbazia di San Salvatore nella quale furono trasportati tutti i suppellettili della prima abbazia che fu abbandonata per motivi logistici. San Salvatore prendeva il nome da un crocifisso ligneo che è stato trafugato nella nuova abbazia di Santa Maria di Rio Sacro nel XVIII secolo.

Fonte: Wikipedia

I Monti Sibillini: Pizzo del Diavolo

Pizzo del Diavolo

Il Pizzo del Diavolo è una struttura rocciosa all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Raggiunge l’altitudine di 2.410 m s.l.m. sopra il lago di Pilato.

È possibile raggiungere la sua vetta attraverso il percorso escursionistico che parte da Foce di Montemonaco, oppure partendo da Forca di Presta salendo fino alla Cima del Redentore e scendendo fino al lago. Esistono molte vie alpinistiche per arrivare alla sua sommità e la scalata di questa parete è considerata una delle più difficili sui Monti Sibillini.

Si può inoltre raggiungere la vetta dal rifugio Tito Zilioli camminando in cresta.

 

Gran Gendarme

Il Gran Gendarme è la struttura più a destra (guardando di fronte) al Pizzo del Diavolo. Alto circa 150 m ha una roccia molto buona, a tratti ottima, ideale per le scalate.

Venite a scoprire queste vallate insieme a Vivere i Sibillini e il Nordic Walking per tutti.

Siamo presenti a Foce di Montemonaco.

I Monti Sibillini: Cima del Lago

Il Lago di Pilato visto da Cima del Lago

La vetta Cima del Lago raggiungere i 2.423 di altitudine, si trova sul confine tra Marche ed Umbria si affaccia verso est nord-est sul Lago di Pilato e Monte Vettore, mentre verso ovest nord-ovest sul Pian Grande di Castelluccio di Norcia.

Il monte deve questo nome alla sua posizione panoramica sul Lago di Pilato. Infatti solo da questa cima è possibile vedere dall’alto l’intera estensione del lago. Costituisce insieme allo stesso Vettore e Punta di Prato Pulito la vetta più a sud di un arco montuoso che ha una caratteristica forma ad “U” ai cui piedi si estende la Valle del Lago. Di soli 53m più basso del Vettore è una delle cime più elevate del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Venite a scoprire queste vallate insieme a Vivere i Sibillini e il Nordic Walking per tutti.

Siamo presenti a Foce di Montemonaco.

Leggende dei Monti Sibillini: Cecco d’Ascoli e le fate ballerine

Statua di Cecco d’Ascoli

Molte leggende, corrono per le gole dei Monti Sibillini rotolando di bocca in bocca fra gli immaginosi montanari dei due versanti. E sono di una piacevole immediatezza grazie proprio alle loro vistose incongruenze logiche e cronologiche.

Si dice che Cecco d’Ascoli prima ancora che le leggende si coagulassero compiutamente negli scritti, fosse salito su quei Monti, al Lago di Pilato, per consacrarvi il suo libro del comando e, armato di cotanto diabolico ordigno, fosse riuscito a catturare e a prosciugare nei pressi di Ussita, una sorgente salutifera. L’astrologo ascolano mando’ in bestia gli del luogo. Nel quattrocento soprattutto, le contrade sibilline di Ussita erano particolarmente felici per i negromanti, tanto che dovette intervenire l’autorità del Castello con pene severe contro “certi incantatori” vestiti da frate che si aggiravano per la valle dicendo di voler scoprire un tesoro nascosto sotto terra a mezzo di arti magiche e diaboliche. Cecco d’Ascoli, piu’ dotato di virtu’ magica che poetica, secondo la diceria del popolino, avrebbe compiuto un altro portentoso incantesimo quando, in una notte, chiamo’ all’esistenza di pietra un magnifico ponte. Un “ponte del diavolo”, si’ ma sempre un ponte !

Dunque, fin giu’ le valli arrivavano gli effetti demoniaci dell’antro e del lago. Anzi, non solo gli effetti, anche gli spiriti che li abitavano, perchè essi scendevano fino a Pretare, in soavissime forme di fate scintillanti, bramose di ballare con i giovani piu’ avvenenti del villaggio. Fino ad alcuni anni fa qualche vecchio del luogo ci giurava di averle viste, e chi, sa, magari di averci fatto qualche sgambetto a ritmo di “salterello”… Venivano, naturalmente, dalla “ Grotta delle Fate “, perchè, appunto erano…fate!

Scendevano anche a Castelluccio, a Foce, a Rocca per danzare con la fresca gioventu’ maschile nella notte, e solo nella notte, perchè se venivano sorprese nei villaggi dalle prime luci del giorno, erano dolori per tutte loro. Se ne ricordano quella volta che, colte dagli incipienti chiarori dell’alba a ballare sfrenatamente con i maschi di Castelluccio, dovettero svignarsela di tutta corsa su per il monte, come furie devastatrici: tanto che quella fascia di ghiaia che sega traversalmente il monte Vettore, fu originata proprio da quella loro rovinosa fuga. Ed è per questo che vien detta la “ strada delle fate “.

Correvano sull’ala rapida del vento, scalfendo la roccia con il loro piede di capra. Sissignori, di capra, perchè le diafane e agilissime ancelle della Sibilla si muovevano nelle danze come libellule poggiando proprio su piedi di capra, ben nascosti sotto i loro lunghi veli, che si aprivano a campana nel vortice frenetico del ballo.

E la gente diceva:

“ son pure belle queste fate

ma gli crocchian le gambe come le capre “.

Nessuno poteva immaginare che l’appendice pedestre di quei bellissimi corpi di donne fosse costituita da pezzi caprini. E quando a Foce un montanaro, sorpreso dallo scricchiolio dei piedi di un’incantevole fata ballerina, scopri’ al posto delle scarpette scintillanti alla Cenerentola due luridi zoccoletti di capra, inorridi’ e fu sul punto di gridareall’inganno diabolico. Ma la danzatrice infernale gli soffio’ sull’orecchio parole magiche:

” Tu non parlerai ! In cambio del tuo segreto avrai ricchezza a dismisura: ogni volta che porrai la mano in tasca, la ritrarrai fuori carica di monete d’oro ! ”

E fu proprio cosi’, per lungo tempo. Peccato che quel montanaro un giorno volle rivelare il segreto: fu un attimo, e tutto il denaro accumulato scomparve in un brivido di lampi infernali.

Tratto dal libro: Le leggende dei Monti Sibillini

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